Dalla cronaca di Vercelli su La Stampa di mercoledì 5 ottobre, apprendo che in una riunione interlocutoria per il progetto “Igp Riso Valle del Po” è emersa la necessità di cancellare dal disciplinare di produzione le indicazioni varietali, a causa dell’instabilità genetica delle varietà di riso. Si afferma inoltre che dopo un certo periodo di tempo le varietà di riso decadono.
Ritengo inesatto questo concetto, in quanto una varietà di riso se ben selezionata (selezione conservatrice) può durare secoli.
A scanso di equivoci faccio alcuni esempi:
– Riso Balilla, riso tondo coltivato sin dal 1929, di grande qualità, è costantemente tra i risi più produttivi.
– Riso Arborio, storica varietà, in grado di produrre in modo elevato. Ad Arro di Salussola, nella Baraggia Biellese, un tenace produttore di Arborio ha prodotto unitariamente nel 2005 anche 68 qli per ettaro (documentati).
– Riso Carnaroli, storico e qualitativamente il migliore. Risale agli anni 40.
– Riso Sant’Andrea, storico della Baraggia e altamente produttivo. Risale ai primi anni 60.
Questi esempi dimostrano che molte varietà storiche, se opportunamente conservate in purezza, non decadono affatto, anzi, oltre a rappresentare il fiore all’occhiello della risicoltura italiana, sono anche tra le più produttive.